Alcune delle pagine più belle dell'astronautica sono state scritte dai robot e dalle sonde automatiche in grado di esplorare luoghi dove l'uomo non può ancora arrivare.
Questi reporter cosmici ci hanno permesso per la prima volta di ricostruire al computer la superficie di Venere, "ascoltare" i temporali magnetici di Giove, ammirare il delicato ricamo degli anelli di Saturno e osservare il tramonto marziano.
Sputnik 2 | I primi Mercury | Gemini 1-12 | Apollo 1 | Shenzhou 5 |
Vostok 1 | Mercury 3-9 | Apollo-Saturn 201-203 | Space Shuttle |
Si tratta di una missione russa famosissima in quanto trasportò il primo uomo nello spazio: Yuri Gagarin, di 27 anni; partì il 12 aprile 1961 e fece un'orbita completa attorno alla Terra prima di atterrare in Siberia, un'ora e 48 minuti dopo il lancio. Gli scienziati volevano investigare eventuali effetti collaterali sull'organismo legati all'assenza di forza gravitazionale. A questo scopo nella cabina erano presenti campioni di cibo ed acqua, per valutare la capacità di alimentarsi nello spazio. A bordo era anche presente un computer di pilotaggio guidato da Terra, nell'eventualità che a gravità zero le capacità motorie di Gagarin fossero parzialmente, o totalmente limitate. |
Durante la fase di rientro Gagarin vide dal suo oblò le fiamme sviluppatesi all'esterno della Vostok, dove infatti c'erano circa 2000oF, mentre all'interno si raggiunsero i 68oF. Yuri Gagarin morì il 27 marzo 1968 durante un volo di prova vicino a Mosca. |
Quattro di queste missioni trasportarono esseri viventi che, fortunatamente, tornarono sulla Terra vivi. La prima fu la missione suborbitale LJ-2 (Little Joe 2), che partita il 4 dicembre 1959 rientrò dopo 11 minuti e 6 secondi con a bordo la scimmia Sam; Sam partecipò anche alla missione LJ-1B (Little Joe 1B) che rientrò il 21 gennaio 1960 dopo 8 minuti e 35 secondi di volo. Seguirono poi la MR-2 (Mercury Redstone 2), che partita il 31 gennaio 1961, volò per 16 minuti e 39 secondi con a bordo lo scimpanzè Ham, che venne recuperato in buona salute, anche se, dopo l'ammaraggio, la capsula si riempì, parzialmente di acqua di mare. Lo scimpanzè Enos fu il primo essere vivente entrato in orbita su un vettore americano; l'MA-5 (Mercury Atlas 5) partì il 29 novembre 1961 da Cape Canaveral e rientrò dopo 3 ore 20 minuti e 59 secondi, avendo compiuto solo due orbite complete in quanto ci furono dei problemi controllo della temperatura della capsula (Enos rischiò il congelamento) |
Mercury 3-9
Il progetto statunitense Mercury si compose di 6 voli (il Mercury 5 non è mai partito) nell'arco del quadriennio 1958-1963, ognuno con un uomo a bordo e aveva tre obiettivi fondamentali:
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Tutti i Mercury (come i sucessivi Gemini e Apollo) erano costituiti da dei coni (il Modulo di Comando in cui si trovava l'astronauta) posizionati su un cilindro (il Modulo di Servizio) e su un veicolo di lancio; i voli suborbitali (il Mercury 3 o "Freedom 7", 5 maggio 1961, e il Mercury 4 o "Lyberty Bell 7", 21 luglio 1961) usarono il razzo Redstone, i 4 orbitali (Mercury 6 o "Friendship 7", 20 febbraio 1962, Mercury 7 o "Aurora 7", 24 maggio 1962, Mercury 8 o "Sigma 7", 3 ottobre 1962, e Mercury 9 o "Faith 7", 15 maggio 1963) il razzo Atlas. |
La Mercury 6 portò il primo americano in orbita; si trattò di John Glenn, che è recentemente tornato nello spazio con lo ShuttleDiscovery. Tutte queste missioni durarono poche ore, tranne la Mercury 9 che durò poco più di 34 ore. |
Gemini 1-12
Fu il secondo programma spaziale statunitense, e a differenza dei Mercury ogni volo trasportò due astronauti; gli obiettivi principali furono:
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Le prime due missioni (8 aprile 1964 e 19 gennaio 1965) non trasportarono astronauti, ma servirono per testare il razzo vettore Titan II e le protezioni termiche per il rientro a Terra. La Gemini 3 (23 marzo 1965) trasportò i primi due astronauti del programma; durante le tre orbite attorno alla Terra vennero effettuati dei test sui sistemi igenici personali degli astronauti. Durante la missione Gemini 4, partito il 3 giugno 1965, venne effettuata la prima attività extraveicolare (EVA)americana: |
La missione Apollo-Saturn 201 fu una missione test per il veicolo di lancio a due stadi Saturn 1B e per il Modulo Apollo. Venne lanciato il 26 febbraio 1966 da Cape Canaveral ed effettuò un volo suborbitale per testare l'integrità della struttura dell'Apollo; raggiunse un'altezza di 499 km sopra all'Oceano Atlantico prima di cominciare la discesa verso la Terra. A questo punto il Modulo Apollo venne espulso dal propulsore e rientrò ad una velocità di 8300 m/s, raggiungendo una temperatura di circa 2200o C; ammarò nell'Oceano Atlantico 37 minuti dopo il lancio. |
L'Apollo-Saturn 202, lanciata il 25 agosto 1966 col vettore Saturn 1B, fu la missione gemella della precedente, in quanto doveva effettuare gli stessi test sulle apparecchiature. Dopo il distacco dal primo stadio, il Modulo di Servizio portò il Modulo Apollo ad un'altitudine di 1128 km, poi (dopo la separazione dal Modulo di Servizio) rientrò sulla Terra ad una velocità di 8900 m/s. Durante la discesa la temperatura massima esterna fu di 1500° C, mentre all'interno dell'Apollo si mantenne attorno ai 21° C. Ammarò nell'Oceano Pacifico il 26 agosto 1966 prima dell'alba. La missione Apollo-Saturn 203 servì per testare il secondo stadio del Saturn 1B (l'S-IVB), con cui venne lanciata il 5 luglio 1966, e la strumentazione che sarebbe stata montata sui successivi Saturn V (vettori di lancio a tre stadi). Il primo stadio mise il secondo stadio e il Modulo di Comando Apollo in un'orbita circolare attorno alla Terra, ad una distanza di 188 km e con un periodo di circa 88 minuti. Dopo aver dato la necessaria spinta al Modulo Apollo per rientrare sulla Terra, il secondo stadio bruciò nell'atmosfera terrestre. Durante tutta la missione una telecamera raccolse e trasmise immagini del nostro pianeta. |
Doveva essere la prima missione Apollo/Saturn con uomini a bordo. Il rapporto finale con i risultati dell'indagine sull'incidente portò a sostanziali modifiche nella struttura delle delle sucessive capsule Apollo, nei test pre-lancio e all'aumento dei sistemi di sicurezza nei Moduli di Comando, di Servizio e Lunare. Tali modifiche portarono a ritardare i successivi lanci di un anno. |
Durante il rientro sulla Terra gli shuttle, una volta superato il rientro nell'atmosfera, si comportano come un normale aereoplano in fase di atterraggio. Per notizie dettagliate sugli shuttle vai al file relativo. |
Il 15 ottobre 2003 la Cina ha lanciato il suo primo uomo nello spazio, il "taikonauta" (cioè astronauta) Yang Liwei, pilota militare di 38 anni. Il lancio è avvenuto dal poligono di Jiuquan col vettore "Lunga Marcia CZ-F2" e dopo circa 22 ore, e 14 orbite attorno alla Terra, la Shenzhou è atterrata nel deserto del Gobi, abbastanza vicino alla base di lancio. Pur essendo completamente cinese, l'astronave sembrerebbe una copia dell'attuale Soyuz, migliorata. La conquista dello spazio in Cina comincia il 24 aprile 1970, col lancio del primo satellite; che è rimasto in orbita per 26 giorni trasmettendo in continuazione l'inno rivoluzionario "L'est è rosso". |
Alla fine degli anni '80 viene vagliato il primo piano spaziale, comprendente lo sviluppo di nuovi vettori, di una navicella spaziale e il progetto di una stazione orbitante. Negli anni successivi alcuni piloti vennero inviati in Russia per studiare le tecniche di addestramento per gli astronauti. Nel 1986, dopo l'arresto dei voli americani a causa dell'incidente dello Shuttle Challenger, i vettori cinesi entrano nel mercato dei lanci commerciali. Dal 1999 vengono lanciate le prime 4 Shenzhou; la terza (25 marzo 2002) restò in orbita per 7 giorni e al ritorno le 3 uova di gallina presenti a bordo si schiusero, mentre la quarta (29 dicembre 2002) portava a bordo dei manichini, per simulare la presenza umana. |
Le immagini e parte delle informazioni presenti in questo file sono reperibili nei seguenti siti Internet:
nssdc.gsfc.nasa.gov/planetary
www.ksc.nasa.gov/history
Siti in cui è possibile avere una cronologia delle missioni spaziali in tutto il sistema solare:
www.solarviews.com/eng/craft1.htm
www.planetscapes.com/solar/eng/craft2.htm
nssdc.gsfc.nasa.gov/planetary/chrono.html