A
Roma la forma più comune e diffusa di casa popolare era
l'insula, circondata da stradine strette, appunto come se fosse un' isola tra le
vie della città. Poichè la città era
diventata
molto popolosa, lo spazio a disposizione per costruire
abitazioni
era ridotto e i terreni edificabili piuttosto costosi, si
iniziò
a costruire le abitazioni in altezza. L'insula era dunque una specie di
condominio, che poteva avere quattro o più piani, con vari
appartamenti di diverse dimensioni.
Al centro aveva di solito un cortile o un giardino, con del verde e una
fontana per fornire d'acqua le famiglie, perchè nessun
appartamento disponeva di acqua corrente.
Al
piano terreno si trovavano in genere botteghe e magazzini, chiamati tarbenae,
che davano sulla strada; ai piani superiori, ai quali si saliva dal
cortile interno attraverso scale di pietra strette e ripide, si
trovavano cenacula, piccoli appartamenti dove, a
causa degli alti affitti, vivevano insieme numerosi inquilini.
|
|
Gli appartamenti migliori erano quelli dei piani più bassi,
più vicino all'acqua, più facili da raggiungere e
più sicuri in caso di fuga; quelli più in alto erano
occupati dalle famiglie più povere che li affittavano anche a
caro prezzo e dove l'umidità era molto elevata e filtrava poca
luce.
Gli appartamenti non avevano servizi igienici, e nonostante fosse
vietato, quasi tutti si sbarazzavano dei rifiuti gettandoli in strada
durante la notte.
|