La
caratteristica principale della religione romana era il politeismo:
i Romani avevano, infatti, un cielo popolato di dèi, la cui
esistenza, come in tutte le religioni primitive, era motivata dal
tentativo di dare una spiegazione ai fenomini della natura. La
famiglia, dove si onoravano le anime degli antenati, era la sede
originaria dei riti religiosi e aveva come capo, cioè
sacerdote,
il pater
familias,
che ogni
giorno si recava al tempietto posto nell'atrio della sua
casa
per onorare i Lari, i Penati, gli
dei prottetori della casa, e i Mani, gli spirti dei
defunti.
Per la religione romana gli eventi del mondo erano condizionati dalla
volontà di divinità buone e cattive. Un buon
comportamento
poteva allontanare gli eventi negativi e per questo si eseguivano
rituali come sacrifici animali. Su un altare, dove era stato
bruciato l'incenso, un animale veniva asperso di vino e poi ucciso
secondo un preciso rituale. Poi i sacerdoti esaminavano le interiora
degli animali per interpretare il volere degli dèi.
I Romani avevano una grande considerazione dei riti della
loro
tradizione ma soprattutto in questo consisteva la loro
religiosità: nell'attaccamento a un insieme di pratiche
destinate
a guadagnare e a mantenere la protezione divina sulle
attività
pubbliche e private, a garantire l'armonia fra il mondo degli
dèi
e quello degli uomini. Importava molto meno ai Romani trovare nella
religione il conforto di una vita dopo la morte.
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